EmmeBi editing

1/22/2011


Analisi del testo  in cinque punti delle intercettazioni dello scandalo Ruby

di Lucah

Si tratta innanzitutto di un romanzo davvero notevole sull'Italia odierna. Con giusto un filo di editing saremmo dalle parti del capolavoro. Un ibrido tra l'affresco naturalistico alla Zola, il viaggio nei meandri del potere inteso come grumo psicotico, anarcoide e morboso alla Ellroy, e il mortifero teatro sessuale paratattico alla De Sade, col suo implacabile, sterile, ripetitivo incedere di mises en scene pornografiche.

Il nostro presidente del consiglio è COMPLETAMENTE PAZZO. Parlando di uomini di potere "istituzionale", non era infrequente trovare squinternati psicotici del genere nelle dittature africane, ma per trovare un esempio simile nelle moderne democrazie occidentali si fa davvero fatica. L'unico che mi viene in mente, forse, è Edgar J. Hoover.

Uno degli aspetti più interessanti che emerge è la rincorsa antagonistica tra le varie fazioni di cortigiani a soddisfare le psicosi del re folle e onnipotente. Le donne presenti in scena sono come cavalli in gara su cui puntano le varie fazioni che le hanno procacciate. Vi sono intere paginate dedicate alle telecronache tra cortigiani su ciò che il re ha fatto o sta facendo colle ragazze: quale sta guardando, quale sembra preferire, quale gli piace, quale no, a quale sorride, quale ignora, quale congeda, quale fotte etc. Se il re sceglie la tua cavalla, hai vinto. In palio, ovviamente, c'è il ruolo di spacciatore per l'augusto tossicomane, con tutte le ricadute in termini di potere, benefit e influenza che ciò comporta.

Tra le varie fazioni di cortigiani, una menzione particolare va alla riuscita letteraria del duo Fede-Mora, davvero roba da grandissimi romanzieri. Fede è il servitore cosmicamente malvagio, corrotto fin nel midollo, l'apoteosi del cinico parassita, colui che vede il re come un organismo ospite da sfruttare in ogni modo possibile e immaginabile. Mora, l'aiutante di Fede, è invece il servitore esangue, remissivo, docile all'inverosimile, a disposizione ventiquattr'ore al giorno per mettere in atto le trovate del suo sulfureo socio, colui che è venuto su dal nulla e che sa che le sue fortune sono basate sulla professione di sottomissione totale. Il tocco da maestro: in uno scenario in cui tutti, dal primo all'ultimo, si danno del tu e si chiamano l'un l'altro amo' come nel peggior film di Verdone, l'unico che dà del lei a qualcuno è Mora con Fede nei colloqui in cui quest'ultimo lo istruisce sul da farsi per le sue turpi manovre.

Qualche considerazione sulle donne del romanzo. Chi sono queste donne? Che percezione hanno di se stesse? Reputano se stesse prostitute oppure no? A prima vista, la risposta è no: in svariati passaggi delle conversazioni private, il termine "puttana" è usato da loro stesse per squalificare terze di cui si parla. Ma è un uso strettamente tecnico della parola: "puttana", nella loro percezione, è la disperata che batte e fotte ogni notte cogli sconosciuti per due lire. Il bocchino seriale tariffato a 50 euro, questo fa la puttana. Il bocchino al potente seguito da un "regalo" importante (duemila euro, i gioielli, la macchina, la casa, il posto nella fiscion, uno scranno in un qualche parlamento) è invece il loro orizzonte d'azione: una specie di campionato di serie A in cui la consistenza economica della posta in gioco e il lusso delle cornici sembra spostare il focus percettivo dalla prostituzione a quello della semplice e rispettabile imprenditorialità. Non solo la loro percezione, ma anche quella di chi sta loro intorno: ciò spiega il particolare, a prima vista fantascientifico, di queste ragazze perlopiù giovanissime che si vantano al telefono con padri, madri, fidanzati, madri di fidanzati dei soldi e dei benefit ricevuti per il culo messo a disposizione del vecchio re bavoso. Insomma, esse non si stanno prostituendo, bensì stanno facendo un oculato investimento che forse garantirà loro un futuro. Stanno vincendo alla lotteria. Tra le grida di giubilo di familiari e amici. Tipico di chi la servitù e l'ignoranza ce l'ha iscritta da secoli di storia nel dna.

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