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12/22/2002
Eco Lounge Smartshop
da Il Giornale di Sabato di Filippo Facci (gentilmente inviato dall'autore) Numero uno: la notizia è che in Italia la droga è perfettamente legale. Numero due: non si può escludere che questo articolo sia stato scritto sotto l'effetto di droghe (un'accusa che la direzione del Giornale aveva formulato anche per altri articoli, ma era diverso) e questo perché lo scrivente ha assunto degli stupefacenti che era solo l'altro ieri. Numero tre: quello che segue è un ampio resoconto della visita all'Eco Lounge smartshop di via Torricelli 3, a Milano, ossia in un negozio che sembra uguale a qualsiasi altro e invece vende droga rigorosamente legale (nostra definizione, non loro) oltrechè una serie di prodotti piuttosto incredibili. Tutto sta a come si definisce questa droga, appunto: loro preferiscono adottare trecento altre espressioni assolutamente corrette genere "sostanze naturali alternative a quelle illegali" o "stimolanti sessuali" o "smartdrug" o semplicemente "erbe", e la circospezione è tale, da parte loro, che probabilmente il pepe e le spezie le chiamerebbero insaporitori per cibi. C'è da capirli. Comunque è andata così: avevamo letto un articoletto su Panorama e siamo andati a vedere perché pensavamo che potesse essere una mezza truffa, magari un'erboristeria un po' furba di quelle che ti propinano lucciole per lanterne, degli incauti che modo loro ci stavano provando o sfruttavano qualche vuoto legislativo, o ancora una succursale di qualche centro sociale che avrebbe chiuso entro domattina. E invece no. E' tutto dannatamente serio e professionale, in primo luogo. In secondo luogo, quella è droga: l'abbiamo provata. Dovere di cronaca. Il negozio non sembra un negozio, ma è un negozio. Sulla porta c'è un cartello che vieta l'ingresso ai minorenni. All'interno ci sono delle pareti bianche e viola con dei disegni psichedelici e delle lampade al neon che illuminano dal basso. L'arredo è gradevolmente minimalista con dei pezzi di design anche piuttosto difficili da reperire. Alcuni campioni dei prodotti sono appoggiati su pochi scaffali e tu puoi vederli, ne discuti, magari li chiedi e loro vanno a prenderteli sul retro. Ci sono anche dei libri come per esempio "Vere allucinazioni" di Terence McKenna ("seconda edizione riveduta, in trip con i funghi") e poi "In transe (sic) e dissoluzione" edito da Sensibili alle foglie, la casa editrice di Renato Curcio, e poi "Il testo drogato, letteratura e droga tra Ottocento e Novecento" (Einaudi) sino ai demenziali "Campa cavallo che l'erba cresce" e "L ' erba di Carlo Erba". Mentre sfogliavamo questi libri si appropinquava un educato signorino di 26 anni che si chiama Fabio Panariello, amministratore unico della Dreams Lab nonché proprietario del negozio. Non fuma. Dice di essere astemio. Ti racconta che ha studiato marketing e che l'anno scorso ha semplicemente sviluppato un businnes plan che ha proposto a dei produttori di smartdrugs olandesi e ad altri produttori tedeschi che vendevano certi prodotti per fumatori. Morale: il 12 settembre scorso ha aperto il primo smartshop d'Italia che per come è configurato, spiega, non esiste da nessun'altra parte del mondo: infatti somma le caratteristiche appunto di uno smartshop (sostanze naturali e alternative, roba da mangiare, cosmetici, tutto a base di droghe legali) alle caratteristiche di uno headshop (aggeggi assurdi per fumare e inalare e rollare ogni genere di sostanza) a quelle di uno growshop (semi di canapa e tutto il necessario per coltivarla, e ancora semi di altre piante irripetibili ma dal principio potenzialmente allucinogeno) più altri prodotti ancora. Per esempio: il Dope test, una macchinetta rudimentale che permette di capire, metti caso, se una pillola oppure della polvere (leggi: l'ecstasy o la cocaina) contengano delle particolari schifezze oppure siano regolari. Si fa per dire. Ma è il prodotto meno venduto, si rammarica Panariello. Sì, perché c'è da spiegare questa cosa: l'obiettivo ufficiale della sua Dreams Lab (la mission, come la chiama) è diminuire il consumo di droghe illegali o sintetiche e comunque prevenirne i danni: infatti vendono anche dei prodotti che aiutano fisicamente a riprendersi e a recuperare dopo aver assunto droghe (appunto illegali) così che magari, uscendo da una discoteca impasticcati come degli zombies, non ci si schianti proprio immediatamente sull'autostrada. Questo prodotto si chiama After-E "ma all'estero dice Panariello - si chiama After Ecstasy. Un funzionario del Ministero però ci ha consigliato di scriverlo in un altro modo perché altrimenti sarebbe suonato come un incentivo". Sull'etichetta che cosa c'è scritto? "Integratore di Vitamine". E va detto che in questo negozio è un po' tutto così: nessun prodotto viene definito con il nome che sottostà oggettivamente al suo acquisto. Ogni etichetta riporta diciture belle chiare, correttissime, ma palliative: "In Italia, per fare un altro esempio dice il nostro - non puoi vendere nessun prodotto definendolo come afrodisiaco. Noi allora li abbiamo definiti stimolanti sessuali, come la Damiana, e tutto è andato a posto". Chi è la Damiana? "La Damiana è un erba. E' uno stimolante sessuale che agisce sui genitali femminili". Costa molto? "Qui i prezzi vanno dai cinquanta centesimi agli ottanta euro. La spesa media è di venti o venticinque euro". Chi è il cliente tipo? "Si va dai diciottenni ai sessantenni, la maggioranza comunque sono studenti universitari. Ma abbiamo anche tante richieste via internet e un servizio a domicilio che funziona sino alle '' di sera, quando chiudiamo ". Come per la pizza e le videocassette. Buonasera, mi porti un allucinogeno. "Entro il "2003" dice - contiamo di aprire altri punti vendita anche in franchising". C'è gente che si è fatta avanti? "Anche quei due ragazzi che sono appena usciti". Panariello si distrae un attimon chiede scusa e fa segno a un giovane avventore: "Scusa? qui dentro non si può fumare. Grazie". Ecco. Giusto. Ci prende un senso di smarrimento. "Chissà la ressa gli diciamo - ora che queste cose ci sono anche in Italia?". "Ma c'erano anche prima. Li hanno sempre venduti. Quasi tutti. Ci sono molti prodotti, chiamiamole droghe, che noi non vendiamo neppure e che però trovi tranquillamente in erboristeria e in farmacia. Non in tutte, ma li trovi". Ma sono legali? "Mica tanto". Ma come? "Per farti capire: noi vendiamo un liquore che si chiama Absinth e che in pratica è il famoso assenzio. E' perfettamente lecito, così come lo vendiamo noi". Eccolo lì: è in quella una bottiglia giallognola con scritto "La fata verde", costa quaranta euro. "Ma l'assenzio spiega vale a poco se non ci aggiungi un ingrediente che si chiama Laudano e che è un oppiaceo, un allucinogeno". E dove lo trovi questo laudano? "In molte farmacie". Ma è legale? "No". E allora? "Lo trovi lo stesso. In Italia trovi tutto. Via internet si possono comprare anche semi di marijuana, che vendiamo anche noi, e anche i funghi magici e il pejote messicano". Capito. Cioè: uno passa allo smartshop a comprare il liquore, passa alla farmacia di suo cugino a prendere il Laudano, va a casa e fa Baudelaire. Vediamo altri prodotti. Da dove vengono? "Olanda, Germania, l'Absinth dal Belgio, alcune bevande energetiche tipo Smart Drinks anche da Austria e Thailandia, i prodotti cosmetici e alimentari alla canapa da Francia e Svizzera e Cina e Israele, l'ossigeno dagli Stati Uniti". L'ossigeno. Ci mostra una bombola con una specie di boccaglio: "Produce un leggero svarione". Capito. Su uno scaffale c'è una serie di prodotti alla canapa che vanno dal bagnoschiuma ai biscotti alla birra (quattro euro) più varie erbe e radici e semi vari. Quello che dovrebbe corrispondere all'ecstasy si chiama genericamente "estasi vegetale" e ce ne sono diversi tipi con nomi tipo Stargate o Final-E. Dice che è un'alternativa alle sostanze chimiche illecite e che non fa male: ti da una sensazione euforica in tutto il corpo. E' classificato come "integratore alimentare" e c'è scritto di non combinare con antidepressivi tipo Prozac e poi di non prenderli se hai problemi di cuore o se sei diabetico o se sei incinta, e poi ovviamente devi tener lontani bambini. "E' ideale per le feste dice - o come stimolante sessuale". A proposito, e la Damiana? Eccola lì. Dice che è una pianta medicinale che usavano i Maya e che cambia le percezioni e i sentimenti, ti fa rilassare o eccitare, ha il suo massimo effetto quando viene fatto un infuso con un'alcolico, parla di "effetti molteplici quali relax e stimolazione sessuale, soprattutto sulle donne". Gli uomini non hanno problemi. Poi c'è un'altra erba che devi fumarla prima di andare a letto ti rafforza la lucidità dei sogni. Le Blow up caps aumentano l'energia fisica e sono quelle che dovrebbero corrispondere alle anfetamine. Vabbè. Ma noi vogliamo il pezzo forte, Panariello. Guarda che lo sappiamo qual è il pezzo forte. Ce l'hanno detto. E' la salvia messicana, la divinorum, la merce più ricercata. Dicci qualcosa. "E' il prodotto più richiesto. La vendiamo in due concentrazioni diverse, più e meno forte, e comunque non l'abbiamo mai venduta a minori di ventun anni. Da questo mese abbiamo deciso di elevare la soglia ai ventitre anni, e comunque non la diamo proprio a tutti". E' un allucinogeno. Il problema è che pare lo sia davvero. Per fumarlo però devi usare per forza il Bong, un marchingegno di vetro o di plexiglass dalla vaga forma fallica. Costa dai sedici ai trentacinque euro e spiegare come funziona è piuttosto complicato: comunque devi metterci dentro dell'acqua, infilare un po' di salvia in un'imboccatura, accendere e poi aspirare tenendoti dentro il fumo il più possibile: dopodichè vedi la sinistra al governo. Costa venticinque o quarantacinque euro, seconda la concentrazione, e vale per otto o dieci volte. Durata: cinque o dieci minuti. Loro la classificano come incenso, noi la chiamiamo droga (legale, ma chissenefrega) e voi chiamatela come volete, anche Giuseppe. "E' tutto assolutamente legale" dice Panariello che intanto rilascia scontrini. "Mi sono informato con accuratezza, ho chiesto consigli e autorizzazioni, ho dialogato e dialogo con tutte le autorità del caso e in particolare con alcuni ministri della Comunità europea. Non ho fatto altro che adeguarmi alla legislazione vigente nel resto della Cee". Ha ragione: bisogna capire che ormai siamo in Europa. Siamo in Europa e ci facciamo di allucinogeni. Più tardi siamo usciti dallo smartshop con una confezione di Blow-up caps (anfetamine naturali) una di Final-E (ecstasy vegetale) e due di Synergy Sage (la salvia messicana, nelle due versioni) e quattro bustine di Syrian Rue (roba per fare un altro infuso allucinogeno) e infine il fondamentale Bong, l'aggeggio che se non ce l'hai non ti puoi stordire. Purtroppo non c'è moltissimo da dire. In serata, il dovere di cronaca ci ha costretto a una parziale sperimentazione. Al sacrificio hanno partecipato, oltre allo scrivente, un collega giornalista e poi un imprenditore romano decisamente nervoso (quella sera avrebbe dovuto cucinare per i figli, gliel'aveva promesso) e poi una studentessa di filosofia con la faccia da santerellina (solo la faccia) e in ogni caso la maggior parte della roba è rimasta inutilizzata sul tavolo. Ci si è presi solo la salvia allucinogena, peraltro la meno potente. Il maledetto Bong è un apparecchio infernale che bisogna saper usare. Noi ci si è provato, in cucina. Atmosfera da cerimoniale, musica luoge in sottofondo Dopodichè, per minuti, è stato tutto un loop di frasi a rotazione. "A me non mi fa niente". "Aspetta? io?". "Non abbiamo tirato bene". "Ci vuole un po' ". "A me non mi fa niente". "Aspetta? io?". "Non abbiamo tirato bene". "Ci vuole un po' ". In pratica si aspettava come allocchi nella consapevolezza che il primo che avesse detto di avere le allucinazioni sarebbe parso un cretino. Ha spezzato l'imbarazzo la studentessa: ha cominciato a dire che si sentiva trascinata come da una strana forza e sosteneva che la caffettiera era enorme. "A me non mi fa niente". "Ci vuole un po' ". A un certo punto è squillato il cellulare ed era il Giornale, ovviamente ignaro: chiedeva un articoletto d'emergenza. Difficile spiegare che sei drogato e quindi non puoi scrivere, ancor più difficile spiegare che sei drogato perché ne devi scrivere. Difficilissimo. "A me non mi fa niente". "Non abbiamo tirato bene". L'altro giornalista intanto faceva un discorso di nobilitazione delle droghe che partiva da Maupassant e transitava da Marco Aurelio per approdare, infine, a un amico di suo fratello che era stato in Colombia e che non voleva più tornare. "A me non mi fa niente". "La caffettierà è enorme". Parentesi: la caffettiera era enorme davvero: era una moka da quattordici persone di quelle che in giro se ne vedono poche. "Secondo me non abbiamo tirato bene". "Aspetta?". Poi qualcosa è successo, ed è successo mentre si passava dalla cucina al soggiorno. E' successo chiudendo gli occhi. Le indescrivibili percezioni luminose che rimangono sulla retina quando appunto abbassi le palpebre, per un momento, hanno cominciato a plasmarsi e a diventare delle righe orizzontali e verticali. Aprivi gli occhi e spariva tutto. Li richiudevi e in effetti era come se una forza centrifuga ti spingesse verso l'esterno, e questa forza cresceva. Aprivi gli occhi e non c'era più niente. Più che altro era uno stato mentale, uno di quei pensieri che entrano senza chiedere permesso ma con la vividezza dell'immagine. Per dignità e pietà di noi stessi vi risparmieremo ogni letteratura e descrizione visionaria d'accatto, anche perché significherebbe mettersi a discutere dei cartoni animati di Hanna & Barbera. "A me non mi fa niente". In soggiorno ci siamo raccontati che forse avevamo sbagliato, forse dovevamo chiudere gli occhi da subito o accompagnarci con qualche altra musica o con qualche film. L'imprenditore ha preso una videocassetta che c'era sotto il televisore, ma era "I cento gol più belli del calcio mondiale". Ha acceso il televisore e c'era Marzullo: e c'era davvero. Marzullo è quello che la vita è un sogno e i sogni aiutano a vivere meglio. "A me non mi fa niente". " E impiccati ". "E' una porcheria, a me non mi fa niente". "E scolati una bottiglia di vodka". L'imprenditore ha detto che si era stufato e che se ne sarebbe andato. Intanto continuava a dire che secondo lui quella roba faceva male. Poi è sceso in strada a respirare un po' di buona aria milanese.
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